Il biotech italiano stimolerà la domanda di lavoro nei prossimi dieci anni

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Crescita della domanda di lavoro nei prossimi dieci anni, che impatterà sul 61% delle professioni del settore, mentre diminuirà solo per il 22% e per il 17% rimarrà stabile. Un quadro confortante quello che esce dal nuovo studio predittivo sui trend occupazionali delle professioni del settore biotech italiano, condotto da EY e Assobiotec, presentato giovedì 10 aprile a Napoli in occasione dell’evento “Biotech future: competenze e opportunità nel settore”.

La ricerca ha analizzato 122 profili professionali del biotech ed è stata condotta con una metodologia previsionale innovativa che utilizza un modello predittivo basato sull’intelligenza artificiale – appositamente costruito su un ampio dataset relativo al settore biotech – in grado di elaborare previsioni circa l’andamento futuro della domanda di lavoro e di competenze richieste e sull’evoluzione delle professioni all’interno del settore biotecnologico nel prossimo decennio.

“Una forza lavoro altamente qualificata e un’alta intensità di ricerca e innovazione hanno reso il biotech un settore strategico per l’economia italiana – osserva Carlo Chiattelli, Partner e People Consulting Leader di EY Italia – Il nostro studio predittivo conferma che la domanda di lavoro nel settore continuerà a crescere, offrendo significative opportunità per i giovani in uscita da percorsi di istruzione terziari, sia universitari che tecnici.

“In particolare – continua Chiattelli – si prevede che la domanda di lavoro crescerà nei prossimi dieci anni per oltre il 60% dei profili professionali del settore. La crescita della domanda sarà ancora più accentuata per alcune specifiche categorie professionali, in particolare per profili a più alta qualifica che svolgono attività di ricerca e analisi dati ad alto valore aggiunto (data analysts, software engineers, esperti di sicurezza informatica). Per far sì che la futura domanda incontri un’adeguata offerta di lavoro e competenze, è dunque fondamentale mettere in trasparenza il potenziale occupazionale e le opportunità professionali offerte dal settore biotech e rafforzarne l’attrattività, soprattutto nei confronti dei talenti giovani e a più alta qualifica”.

Più profili specializzati, meno mansioni a bassa qualifica
Rispetto alla rilevazione dell’anno 2022, l’analisi settoriale indica che in tutti i tre comparti biotech considerati – agro-alimentare e zootecnico, biomedico e sanitario, industria e ambiente – assisteranno nei prossimi anni a un aumento della domanda di lavoro per profili specializzati, parallelamente a una diminuzione per le professioni a bassa qualifica, fenomeni attribuibili, da una parte, alla crescente innovazione tecnologica, e dall’altra all’automazione delle mansioni meno specializzate.

Questo trend è destinato a incidere sensibilmente sulle capacità di reperimento dei profili all’interno del settore. Le aziende potranno incontrare difficoltà in questo senso per più del 60% delle professioni biotech per cui si prevede anche una crescita della domanda di lavoro.

“In questi anni abbiamo assistito al progressivo incremento della domanda di professioni ad alta specializzazione specifiche del comparto – come i ricercatori bioinformatici, gli esperti di intelligenza artificiale e di machine learning- e i dati presentati oggi ci confermano che la continua evoluzione del settore non solo sosterrà questo trend, ma porterà importanti trasformazioni delle competenze con crescente difficoltà da parte delle imprese di reperire profili biotech sul mercato”, sottolinea Federico Viganò, Componente del Consiglio di Presidenza di Assobiotec – Federchimica ,“Per prepararci al meglio al futuro che ci attende, in questo contesto in profonda trasformazione, è allora fondamentale creare un dialogo proattivo fra imprese, Università e ITS per allineare sempre più e sempre meglio i percorsi formativi con la domanda di lavoro.”

L’innovazione tecnologica driver della domanda di lavoro. L’opportunità del reskilling
L’analisi delle aree di rischio e opportunità occupazionale collegate alle professioni analizzate evidenzia come il 61% della forza lavoro sia attualmente occupata in professioni per cui è attesa un’elevata domanda di lavoro a fronte di una scarsa quantità di forza lavoro, con una prospettiva positiva di buone opportunità occupazionali.
Di contro, solamente il 12% della forza lavoro si compone di profili impiegati in mansioni con un’elevata occupazione e una bassa crescita della domanda di lavoro attesa in futuro. Queste figure – più esposte a rischi occupazionali – potrebbero beneficiare di percorsi mirati di reskilling, in grado di supportare o accelerare il processo di transizione tecnologica già in corso nel settore.

Un nuovo skillset per il professionista del biotech
Non solo skill digitali, ma anche competenze manageriali, di pensiero critico e di comunicazione, nonché le cosiddette “green skills” dovranno far parte del bagaglio di competenze del professionista attivo nel settore biotech degli anni ‘30. Al contrario, alcune competenze più convenzionali per il settore vedranno una riduzione del loro peso relativo, a segnalare il progressivo spostamento del biotech verso profili sempre più tecnologici e multidisciplinari. Tutto ciò palesa una crescente difficoltà di reperimento delle professioni, che coinvolge il 60% dei profili la cui domanda di lavoro viene prevista in crescita, mentre per il restante 40% tale difficoltà risulta stabile.

Allineare i percorsi di studio alla richiesta delle aziende
Lo studio predittivo mette sotto i riflettori anche un crescente disallineamento (mismatch) fra competenze possedute da coloro che escono dai percorsi di studio terziari (lauree, ITS e dottorati) e quelle richieste dai datori di lavoro per lo svolgimento della professione. Il modello prevede un mismatch in crescita per tutti i percorsi di studio entro il 2035. Ciò segnala una difficoltà strutturale del sistema di istruzione e formazione, a tutti i livelli, nell’allineare i curricula con i bisogni del mercato del lavoro.

Recruiting, retaining, upskilling e reskilling. La ricetta per il prossimo decennio
Le previsioni elaborate a partire dal modello predittivo sottolineano come per gli operatori del settore biotech sia quanto mai importante la definizione e l’implementazione di efficaci strategie di recruiting e retaining della forza lavoro, in particolare per quei profili la cui domanda crescerà in futuro, ma per cui il bacino di forza lavoro reperibile è ancora relativamente ristretto.
Altrettanto importante è l’upskilling e il reskilling delle risorse già occupate, anche attraverso una più stretta collaborazione tra aziende biotech e mondo dell’istruzione e della formazione, allo scopo di contrastare i fenomeni di mismatch e obsolescenza delle competenze.

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